Come prevenire il tumore dell’ovaio e del seno

Articolo a cura della dr.ssa Anna Biffi.
Nell’ambito della cura dei tumori la diagnosi precoce è sempre stata uno degli obiettivi prioritari. Con lo sviluppo della biologia molecolare l’attenzione si è rivolta anche alla individuazione di geni mutati che conferiscono un rischio di contrarre il tumore molto più elevato rispetto ai pazienti che non possiedono geni non alterati.
Nel 1994 furono individuati 2 geni oncosopressori: il BRAC1 ed il BRAC2. Questi geni svolgono la funzione di riparare errori/guasti nel DNA, cause di alterazione del controllo cellulare che possono condurre al cancro.
Le neoplasie possono essere cosiddette sporadiche (casuali) oppure possono essere ereditarie (nel caso uno dei genitori abbia trasmesso geni alterati) che in varia percentuale a seconda del tipo di tumore possono provocare la malattia.
Ereditare una variante patogenetica dei geni BRAC1-2 configura un rischio di ammalarsi di tumore della mammella del 50-60%, di ammalarsi di tumore dell’ovaio del 30-40% in presenza di alterazione di BRAC1 e del 10-20% di BRAC2.
Recenti studi hanno inoltre dimostrato che questi geni alterati possono essere coinvolti anche nella genesi di tumori pancreatici, prostatici e dello stomaco.
Le neoplasie causate da questi geni, pur avendo spesso una prognosi migliore rispetto ai tumori non ereditari, tendono a colpire la paziente ad una età più giovanile, talvolta prima che abbia compiuto il percorso riproduttivo. Ha grandemente contribuito a focalizzare l’attenzione su queste tematiche il caso dell’attrice Angelina Jolie: essendovi nella sua famiglia tre casi di neoplasie (madre k ovaio, zia e cugina K mammella) si sottopose al test genetico e riscontratane la positività si sottopose ad asportazione delle ovaie ed a mastectomia bilaterale profilattica.
Questo concetto, all’epoca ancora assai azzardato, di prevenire il tumore rimuovendo l’organo non vitale prima che si ammali è da allora divenuto una concreta ed efficace realtà clinica. Vediamo le domande che giustamente la paziente si pone:
Chi deve fare il test? Attualmente il test viene proposto sulla base dei fattori familiari e clinici della paziente. Si calcola che il test vada proposto quando il rischio superi il 10% (valutazione del genetista). In effetti questa politica non permette di identificare circa il 50% dei potenziali portatori. Attendere che nella famiglia si sviluppi il tumore prima di fare il test crediamo sia una sconfitta della medicina. Sarebbe auspicabile che fosse più capillarizzato anche se non potrà essere esteso alla popolazione generale per motivi di costi-efficacia.
Che fare in caso di positività genetica? Premesso che non solo BRAC ma anche altri geni sono coinvolti nel meccanismo della ereditarietà del tumore dell’ovaio, pur in percentuale meno rilevante, si consiglia in età fertile la sorveglianza. Nonostante purtroppo lo screening con ecografia e marker, anche semestrale, non ha mostrato totale efficacia al termine del percorso riproduttivo, è consigliata la rimozione delle ovaie dopo i 35 anni per portatrice di BRAC1 e dopo i 40-45 anni per portatori di BRAC2.
A quali problemi può andare incontro la donna dopo asportazione delle ovaie? La menopausa iatrogena può essere vicariata dalla terapia sostitutiva che andrà modulata sulla base della prevenzione del tumore mammario (diversa per chi facesse mastectomia profilattica).
Attualmente ogni paziente affetta da tumore ovarico esegue il test sul tumore e sul sangue: il loro esito, qualora la paziente risulti portatrice del BRAC, è utile per l’utilizzo dei nuovi farmaci (PARP inibitori) e per testare i familiari essendo esso trasmesso con modalità autosomica dominante
(50% con un genitore affetto). In futuro le indicazioni – adesso restrittive – saranno ampliate ed i costi ridotti.